Le testimonianze

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FLORIDO ROSATI: «Il luogo dove avvenne la strage era tutto diverso rispetto ad ora: intorno all’attuale monumento c’erano quattro grossi alberi e due di questi, successivamente, sono stati tagliati per ampliare la strada. Lì prima c’era l’argine e la strada era di soli quattro metri. I tedeschi erano proprio dietro all’argine. Il ponte prima era giù più basso rispetto alla strada. Davanti al cancello della vigna nova si era appostato Alfiero Tafani con il mitragliatore che la sera prima io stesso gli avevo sistemato, mi aveva chiesto di smontargli l’otturatore, di pulirgli il fucile e caricarlo con venticinque proiettili. Questo perché dopo cinque anni di guerra per noi, oramai, le armi erano diventate dei giocattoli, capitava di passare il tempo a tirarci bombe già esplose per scherzare fra noi, e anche quella sera, fumando una sigaretta, passai la serata a sistemargli l’arma. Quella mattina, ad un certo punto Alfiero, dai piedi di un ulivo, cominicò a mitragliare un side-car con a bordo tre soldati tedeschi che stavano venendo avanti: li prese d’infilata e il side-car si rovesciò nella strada.

Alfiero si trovava in una buona posizione, a 150 metri dal luogo, con un mitragliatore che poteva mandare le palle fino a 2 km di distanza, e fuori dal tiro delle armi leggere dei tedeschi. A questo punto i tedeschi cominciarono a pullulare da tutte le parti, tanto che Tafani sentiva sparare anche da sopra il poggio. Infatti sul luogo si trovarono anche delle postazioni di mitraglia, precisamente dove ora c’è il monumento (lì c’era un poggetto e un bivio a croce) che probabilmente erano già lì al momento che questi cinque compagni andarono in avan scoperta, mentre gli altri (una ventina in tutto) rimasero indietro. I rinforzi per i tedeschi arrivarono facilmente perché a 500 m in linea d’aria si trovava il Podere Nuovo, sede in quel momento di un comando SS, dal quale fu facile raggiungere gli altri. A questo punto ci fu chiaramente un combattimento impari fatto di 4 uomini male armati da una parte, e una squadra di tedeschi con le mitraglie dall’altra. Dico male armati perché mi ricordo che il parabello di Pinna addirittura non faceva la raffica.

Il giorno dopo inviammo giù uno di noi, il Testi, vestito da contadino, con la falce, facendo finta di andare a mietere e li trovammo in pessime condizioni perché era un clima strano in cui faceva molto caldo per alcune ore e poi pioveva, i corpi erano messi male. Trovai il caricatore del parabello di Diego vuoto, quindi aveva sparato, ma, poiché aveva una pallottola anche nella clavicola, evidentemente era stato attaccato anche da terra. Il fucile di Lismo Piastri glielo avevano troncato nella testa, perché aveva avvallamenti nella cassa cranica e inoltre lui fu tro vato un po’ più lontano, a 50-60 m dagli altri, vicino ad una quercia, dove probabilmente aveva cercato riparo dopo essere stato ferito ad una gamba, ma non ebbe scampo, gli spaccarono la testa con il moschetto. Quando andammo giù prendemmo di tutti una ciocca di capelli e un po’ di vestito, anche se, dato il clima, gli era cascato il cuoio capelluto. Sono morti combattendo, questo è sicuro, non è stata un’imboscata durante la quale loro non hanno potuto fare niente, perché avevano tutti i caricatori scarichi.»



OTTAVIO FALCIANI: «[…] Non ho capito nemmeno perché…perché non erano nemmeno, quei giorni, da andà a giro per le strade….S’era sfollato…perché erano in giro non l’ho capito. […]. A noi quando si scappò dalla macchia, ci fu un accordo con i tedeschi, con il comitato di Liberazione e si venne in paese, pochi giorni prima. Quando si arrivò al Terzo, che si veniva per la strada di Civitella noi, ormai c’era i tedeschi con le camionette, ma c’era questo accordo con il comando di Roccastrada che se non gli si dava noia si poteva entrare in paese. E noi s’entrò. Quando si arrivò al Terzo, c’era uno che aveva sempre i panni militari che dice era un ufficiale della polveriera e che era quello che ci faceva rimediare gli esplosivi, però tutte cose che non erano pubbliche, noi si sapeva che la formazione, io non ci sono mai stato, poteva prendere le armi lì. Dicevano: quando è passata la guardia siete sicuri che in quell’ora potete passare. Questa era la nostra….Quando si arrivò a Roccatrada, lì al Terzo, questo individuo che lo chiamavano Il Maresciallo, era uno biondo, non aveva l’armi, e allora faceva volentieri l’entrata in pese armato come noi. Allora c’era il “Resisti”, un certo Calossi, che stava li al Terzo, e aveva il mitra, ma se n’aveva due o tre in tutta la formazione, poi s’andava con il moschetto; il Maresciallo pigliava volentieri questo mitra, ma lui non glielo voleva dare…dice ma insomma, non lo conosceva, come me, noi si deve… Allora ci fu uno, un certo, un compagno, bravo…ma daglielo!… Ma daglielo,gli diceva. Ma ora io vengo in paese con le mani in mano… Per lui era un orgoglio. E questo non glielo diede. Quando poi successe che fu attaccato i tedeschi io scappai, perché quando la sera decisero di riattaccà i tedeschi, io scappai dalla formazione, gli dissi: ragazzi ma noi, con le nostre armi andà a parà i tedeschi in ritirata è da stupidi…ci s’ha questo accordo… Allora, c’era questo biondo e un altro che lo chiamavano il Tenente, uno grosso, Marcucci lo faceva il cognome, quello che disse “daglielo il mitra”, era uno del Comitato di Liberazione. Quando dissero di attaccà i tedeschi io scappai, c’avevo due o tre compagni, gli dissi: ragazzi io scappo, perché io a attaccà i tedeschi non ci vò…è da bischeri, s’ha due o tre fucili. S’aveva una mitragliatrice che s’era presa a Paganico e che non si sapeva nemmeno adoprà, nessuno, c’era uno che era mitragliere da soldato l’aveva in mano lui, ma i tedeschi c’avevano i carri armati, tutto…[…]. Perché loro erano in ritirata, fargli l’imboscate, fargli….ma era un errore…già che andavano via, lasciali stare tanto passavano…ci si poteva levà la soddisfazione di ammazzarne qualcheduno ma poi passavano….prima andavano…erano tutti stufi della guerra, anche loro eh. Insomma, dissi se volete venì venite ma a me non mi cercate più…s’era proprio quattro o cinque affiatati… dissero no, no, si scappa anche noi. Allora prima di prende questa decisione, c’era questo Tenente, che non s’era mai visto in formazione, mai…c’avevano un cavallo preso a Paganico e lui era a cavallo, pareva Mussolini…dice: «ragazzi bisogna anda!». Bell’appunto s’era tornati da presidia Roccatederighi e Sassofortino, noi, un’altra squadra era andata a Sticciano, e dopo mezzo giorno, pioviscolava, si tornò molli…E questo da questo cavallo dice: bisogna ritirarsi tutti la per Bagnolo per organizzarsi perché bisogna attaccà i tedeschi. Io gli dissi che a attaccà i tedeschi s’era stupidi perché….poi a quel punto lì s’era rimasti nemmeno tanti…chi era potuto scappà scappò…Io non ci vengo. Allora lui a cavallo mi diede dell’incosciente, dello stupido. E io sai presi la decisione più svelta perché questo….io non lo conoscevo…glielo avevo detto, io non ci vengo in Bagnolo con voi, perché noi non vi s’è visto mai, non vi si conosce per niente e tutto il tempo che siamo stati in formazione voi non vi s’è mai visto. Ci s’aveva il Pecci che era capo, era già in Comune, s’era belle insediato al posto del Sindaco….si deve andà alla macchia per organizzarsi per attaccà i tedeschi..io non so d’accordo. E insomma mi trattò poco bene, ma ci si capì a guardarsi. Io gli dissi a questi ragazzi, molli come s’era: io vo. Allora dice: “allora si scappa anche noi”. Allora uno per volta…la sera nel rabbuià chi prese in qua chi prese in la…e si venne a casa. E la mattina dopo attaccarono i tedeschi. Ora io ho sentito dire che questo che si chiamava noi il Maresciallo, questo biondo, pare che sia morto lì (a Ponte Ricci)…ora io per quale motivo si siano spostati non lo so…[…]. Questa di attaccare i tedeschi oramai era una volontà…ci s’aveva parecchi polacchi a quei giorni lì…attaccarono i tedeschi e ci morì il poro Pericci Corrado..che s’era compagni di scuola da ragazzi..ci morì anche il poro Basi Sady…anche questi non si sa per chi sono morti.

Dove l’hanno trovati morti non c’è stata battaglia […].l’hanno voluti attaccà…un paio di volte ci si provarono, poi venne un carro armato con un camioncino, e quando fu alla curva di dove sparavano li prese a cannonate…e di lì poi almeno se s’erano messi in una posizione che potevano scappà…invece gli toccò sortì dalla Civitella per scavalcà il poggio…Non furono azioni bene guidate, e furono inutili. Fu un errore grosso. Perché poi li presero a cannonate e passarono lo stesso e poi attaccarono nella strada. E il poro Pericci e Sady li trovarono morti di qua dal terzo…lontano. […].ma può darsi loro, con lo sbandamento…èerché ci fu lo sbandamento, quando entrarono in paese con il carrarmato i tedeschi… cominciarono a devastà a minà…può darsi anche che questi siano scappati e potrebbero anche essersi scontrati con una pattuglia di tedeschi e… o l’abbiano trovati armati o sia partito il colpo a qualcuno… i tedeschi non stavano mica a dormì… a ammazza uno non ci mettevano niente, ormai era una cosa normale…erano disperati. […].»

Fonte: Testimonianze tratte da "Una strage da riscoprire. 17 giugno 1944, Ponte del Ricci" di C. Pieraccini (Roccastrada, 2005), che racoglie gli esiti di una ricerca curata dall'Isgrec per conto del Comune di Roccastrada