La strage di Casa Sbraci

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La banda di Montebuono di Sorano, sorta nel mese di gennaio sotto la guida del sottotenente Enzo Marziantonio, si costituì regolarmente il 15 febbraio 1944, con la base principale posta a Casa Foderi. Dopo tale riorganizzazione, il comando della formazione passò all’ex prigioniero di guerra neozelandese Lawrence Douglas Roderick (classe 1913), un soldato del Longe Range Desert Group che aveva combattuto in Libia ed era riuscito a evadere dal campo di concentramento di Torre Alfina, in seguito all’armistizio dell’ 8 settembre 1943. Roderick aggregò alla banda di Montebuono anche la formazione “Tigrotti di Maremma” (area di Scansano), di cui assunse la guida, prima di cadere nel corso del rastrellamento fascista di Monte Cucco del 7 aprile 1944. La formazione di Montebuono, composta in prevalenza da individui di Sorano, comprendeva ex-prigionieri di guerra, renitenti alla leva e antifascisti storici quali Zelindo Sanità, classe 1893, già aggredito dalle camicie nere nel 1921. In stretti contatti con la Banda Armata Maremmana di Montauto e con la formazione di Luigi Canzanelli, che aveva base a Murci nei pressi di Scansano, i partigiani soranesi agirono spesso in collaborazione col gruppo di Ivo Nucciotti, operante nell’area di Castell’Azzara. Agguerriti e molto attivi nel sud della provincia, si distinsero nel febbraio-marzo ’44 per numerose azioni contro le forze nazi-fasciste, tra le quali ricordiamo: la requisizione e la distribuzione alla popolazione dell’ammasso del grano a Sovana (4 febbraio); il rapimento del segretario del Pfr di Selvena (Castell’Azzara) Carlo Favron, poi fucilato nei boschi di Montauto in seguito alla deliberazione del Comitato militare di Grosseto (17 febbraio); la liberazione di alcuni prigionieri di guerra russi dalle carceri tedesche di Sorano (26 febbraio); l’attacco alla caserma dei carabinieri di Castell’Azzara con l’asportazione di armi, munizioni e materiali (2 marzo), nonché i continui attentati alle colonne dell’esercito germanico in transito. L’intensa attività partigiana del sud della provincia suscitò preoccupazione e timori tra i nazifascisti, che all’inizio del mese di marzo decisero di passare alla controffensiva, organizzando massicci rastrellamenti in tutta l’area del Fiora, compreso il territorio di Sorano. Alle operazioni di polizia si sostituirono azioni militari vere e proprie, poiché gli occupanti iniziarono a trattare la lotta ai “ribelli” allo stesso modo della guerra al fronte. I soldati della 92Infanterie-Division, accompagnati dai militi della 98Legione Gnr, riuscirono anche grazie all’ausilio di un delatore italiano a scoprire un rifugio dei partigiani della banda di Montebuono a Casa Sbraci, nella frazione Elmo di Sorano. Uno di loro fu immediatamente rilasciato, mentre altri sei furono condotti di fronte al Tribunale di guerra tedesco di San Martino al Cimino, che ne condannò cinque alla pena di morte mediante fucilazione ed uno, che aveva rilasciato alcune informazioni, a dieci anni di reclusione. La sentenza fu eseguita alle ore 8:30 del 14 marzo 1944 in località Filiberto a Manciano. Sotto il piombo tedesco caddero Africo Balocchi, Marsilio Gavini, Felice Grillo, Francesco Sorrentino e Alvaro Vasconi. In seguito ai rastrellamenti del marzo 1944 i nazifascisti dichiararono l’area del Fiora “virtualmente ripulita dai ribelli”. L’episodio di Casa Sbraci segnò lo sbandamento della formazione di Montebuono. Sorano fu definitivamente liberata dagli Alleati il 14 giugno 1944.