Il contesto storico

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Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, la precipitosa fuga a Brindisi del governo Badoglio e del Re Vittorio Emanuele III, i primi episodi di resistenza e lo sbandamento dell’esercito di fronte alla già predisposta reazione tedesca (“Operazione Alarico”, c.a. 600mila furono gli internati militari italiani in Germania), l’Italia si spaccava in due lungo il fronte della Linea Gustav (Cassino-Ortona): al Regno del Sud controllato dagli Alleati dopo lo sbarco di Salerno del 9 settembre 1943, si contrapponeva il risorto fascismo della R.S.I. nel Centro-nord del Paese, occupato dai tedeschi.

Già dal 15 settembre 1943 quest’ultimi avevano occupato la Prefettura e il distretto militare di Grosseto. Tre giorni dopo, quando in città si ricostituì la federazione del partito fascista repubblicano (P.F.R.), emanarono la prima ordinanza con la chiamata per il servizio al lavoro. Mentre si susseguivano le direttive del Comandante delle armate tedesche in Italia Kesselring, volte a reprimere ogni forma di dissidenza, la Maremma divenne preda bellica come riserva di forza lavoro, derrate alimentari, bestiame e prodotti minerari per i bisogni dell’esercito del Reich. Per tutto il primo semestre del 1944 la deportazione di manodopera in Germania fu affidata alle autorità locali della R.S.I., che svolsero una forte propaganda per il reclutamento dei volontari. I risultati non furono però eccelsi, visto che già dalla seconda metà dell’anno i tedeschi provvidero direttamente al rastrellamento coatto. Il lavoro obbligatorio, l’occupazione di beni immobili, la requisizione dei generi alimentari e i primi episodi violenti accentuarono il risentimento e l’odio delle popolazioni locali verso l’occupante straniero, nonché una certa preoccupazione e diffidenza perfino da parte delle autorità fasciste locali, che ragionavano in termini di ricerca del consenso.

Per la R.S.I., costituitasi ufficialmente col Congresso di Verona del 14 novembre 1943, la ricostituzione di un nuovo esercito rappresentava un motivo di legittimazione e orgoglio. Nonostante lo scetticismo dei tedeschi e le divergenze all’interno dello stesso campo fascista sulle caratteristiche da attribuire alla nuova forza armata, il 9 novembre 1943 fu emanato il primo “Bando Graziani” che disponeva la chiamata alle armi delle classi 1923-’24-’25, mentre alla fine dello stesso mese fu costituita la Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.), nata dalla fusione della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale, della Polizia Africa Italiana e dell’Arma dei Carabinieri, indipendente dall’esercito e posta alle dirette dipendenze del duce. Al bando del novembre ’43, i cui risultati furono deludenti (in campo nazionale su 187.000 chiamati alle armi si presentarono solo 87.000 obbligati),  ne seguirono numerosi altri di scarsa efficacia. Dal febbraio1944, inconcomitanza col decreto di Mussolini del 18 febbraio 1944 che sanciva la pena di morte per i renitenti e i disertori, s’intensificarono in provincia le azioni di rastrellamento, condotte con metodi brutali dalla 98.a Legione G.N.R. Nonostante l’otto marzo 1944 fosse scaduto il termine ultimo di presentazione fissato dal decreto, nello stesso mese in Maremma si verificò un notevole aumento dei casi di renitenza. L’Ispettore federale di sorveglianza al reclutamento Guido Corsi segnalò che su un totale di 2.697 chiamati alle armi in provincia, al 23 marzo 1944, se ne erano presentati solamente 546. Il Capo della Provincia di Grosseto Alceo Ercolani fu particolarmente duro nella repressione del fenomeno della renitenza, disponendo misure quali la sospensione di ogni forma di assistenza, il mancato rilascio o la revoca delle licenze per gli esercizi pubblici, il licenziamento dei dipendenti statali e perfino l’arresto per i genitori dei renitenti. Particolarmente tragici i fatti di Montieri (20 gennaio 1944), quando il segretario del Pfr locale, Lombardi Engels, aprì il fuoco su una manifestazione di protesta contro l’arresto di alcuni familiari dei renitenti, provocando due vittime civili.

In provincia i tedeschi e i fascisti dovettero affrontare l’opposizione del movimento partigiano. Il Comitato provinciale militare, deputato al coordinamento della prima attività partigiana in provincia e vero precursore del Comitato provinciale di liberazione nazionale (C.P.L.N.), si era formato a Grosseto già a metà del settembre 1943, presso Villa Mazzoncini. Subì un duro colpo nel mese di novembre, quando alcuni reparti della G.N.R., in seguito ad una delazione, perquisirono la sede di Campo Spillo, requisendo tutto il materiale e comminando diversi arresti. La presenza dei “ribelli” in montagna rappresentava un contropotere alla R.S.I. per gli sbandati e i renitenti, che furono una risorsa per il mondo partigiano così come quest’ultimo fu una via di salvezza per i primi. In molti casi i giovani renitenti si aggregavano ai partigiani proprio per non esser implicati nella guerra fascista, maturando una reale coscienza politica solamente durante o dopo l’esperienza partigiana. A loro volta, le bande partigiane cercavano di guadagnare i renitenti alla loro causa, svolgendo attiva propaganda e azioni dirette, quali il boicottaggio della consegna delle cartoline-precetto, la distruzione degli elenchi dei giovani di leva e l’intervento armato per impedire la loro cattura. Nella primavera del ’44, dopo le speranze connesse allo sbarco degli Alleati ad Anzio, l’organizzazione dello sciopero generale, sostenuto per la prima volta da tutte le forze del C.L.N., e il fallimento dei bandi di reclutamento nell’esercito fascista, anche in Maremma si assistette ad una notevole espansione del movimento partigiano, sempre più sostenuto dalle popolazioni rurali. Fu una guerra senza esclusione di colpi tra nazifascisti e partigiani, data anche la particolare preoccupazione di Mussolini per la portata del fenomeno ribellistico nell’Italia centrale, proprio a ridosso del fronte, che causò l’intensificazione dei rastrellamenti contro le bande in provincia. Subito dopo la  strage di Maiano Lavacchio, nella zona del Monte Bottigli dove si erano nascosti i giovani sorse un distaccamento partigiano, incluso nella formazione di Grosseto diretta dal Comitato militare. Il 24 giugno l’intera provincia fu liberata dal nazifascismo, grazie anche alla preziosa collaborazione prestata dalle bande alle forze alleate. La Maremma ha dato il suo contributo alla Resistenza con 27 formazioni partigiane, 1.200 combattenti e 155 caduti. Quando gli anglo-americani entrarono a Grosseto, il C.P.L.N. aveva già assunto tutte le funzioni di governo.